Met(amor)ph Vertical

 

 

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Mét(amor)ph Vertical_ © Gelidelune 2015

 

 

“La via del corpo “

In assenza di gravità come sulla luna
ci sono parti di me possibilità
che prendono il controllo.
Libere
Ridisegnano percorsi
Mutano
Forma e direzione
Sviano deviano
Legano slegano
Imparano la nuova via del corpo.
Il mio essere è un’anomala assenza di gravità.

*

(Gelidelune)

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Mét(amor)ph Vertical_ © Gelidelune 2015

Poesia Verticale, I, 7

Perché le foglie occupano il posto delle foglie
e non quello che resta tra le foglie?
Perché il tuo sguardo occupa lo spazio davanti alla ragione
e non quello che c’è dietro?
Perché ricordi che la luce muore
e invece dimentichi che muore anche l’ombra?
Perché si accorda il cuore dell’aria
finché la canzone diventa un vuoto nel vuoto?
Perché non taci nel luogo esatto
dove morire è la presenza appena
sospesa dell’albero di vivere?
Perché queste righe dove il corpo cessa
e non un altro corpo o un altro corpo o un altro?
Perché questa curva del perché e non il segno
di una retta senza fine con un punto sotto?

*

(Roberto Juarroz)

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Mét(amor)ph Vertical_ © Gelidelune 2015

Io sono Verticale

Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.

Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu’ perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me piu’ naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.

*

 (Sylvia Plath)