Estranei a noi stessi in corpi estranei
Il nostro corpo è un sistema integrato funzionale alla sopravvivenza, talvolta percepito come estraneo e dotato di un linguaggio autonomo. Probabilmente il nostro corpo è la dimora più evoluta e sofisticata che abitiamo. Il cuore del suo funzionamento mutevole, è custodito da sempre nella memoria del nostro DNA.
Il tema del Corpo in mutazione (muta azione) si sviluppa come un postulatum filosofico, con l’unica funzione di descrivere ed accogliere i segnali intermittenti che esso ci invia e, attraverso i quali si manifesta la vita segreta della mente. I cicli di opere presentati, sono un estratto del percorso di sperimentazione formale e concettuale fin qui realizzato: I ask my body to, Phosphorescence,The body of things broken, Corpi mutanti, Morphosis, Absence, Elle apparaît, L’Inventario del corpo onomatopeico, Less skin (meno pelle)…
Il prossimo ciclo di opere è costituito dalle serie “I ask my body to..” e “Phosphorescence“, nelle quali espongo il mio corpo di Luce al flusso del tempo. Il comune denominatore di entrambi i lavori è il nudo. La mia visione di Nudo femminile nasce da un bisogno: ricercare sensazioni e percepire sé stessi attraverso la ri-appropriazione del proprio corpo.
Nei miei scatti la nudità appare contratta e implosa, rivolta e restituita a un interno; non è un’espansione di un corpo che si mostra, ma una rivelazione di un essere e di ciò che nasconde, di un corpo mistico, che racchiude un grumo di mistero. Ciò che fotografo o performo rinvia ad una frattura…
Infatti, oggi più che mai, in una società che ha sezionato e suddiviso la dimensione materiale da quella spirituale, la nudità è diventata espressione di un’identità stereotipata, inculcata attraverso schemi subdoli, in cui le donne non si riconoscono e che sempre più rifiutano.
Un’identità “espropriata”, rimossa dalla pienezza della sua integrità, del suo ruolo nell’ordine naturale delle cose.
Quindi, nei miei scatti, la ricerca è proprio quella di una nudità originale, “incontaminata” – quasi biblica – in tensione tra purezza e corruzione.
Phosphorescence
Immobile come una statua in congelate sequenze di atti di vitalità, esposta alle intemperie ed agli umori di questo tempo. Basterebbe un gesto a rompere l’equilibrio (interiore e formale), a far crollare le effimere certezze erose dalle prove della vita. Fragilità e instabilità, mancanze dell’essere, come approssimazioni ad una bellezza altra, che rifulge nello Spirito.
I seguenti cicli di opere sono l’uno il continuum dell’altro, in quanto appartengono al medesimo campo semantico d’indagine: “Il Corpo come confine.”
Come luogo di raccoglimento e silenzio, punto zero di ogni inizio, il Corpo è il tempio che racchiude presente e passato, cela indizi e pre – visioni del futuro, conserva memorie individuali e collettive che si intrecciano o si spezzano.
Al di là e al di qua di quel punto, iniziano finiscono e convergono queste immagini e la questa storia di chi le ha create.
Mét(amor)ph Vertical
Con questa serie affronto il tema della perdita di sé e della rinascita che ne segue. Anche in questi scatti vi è un’interazione reciproca tra linguaggio del corpo e linguaggio verbale attraverso i versi poetici e le immagini, come ricerca di equilibrio interiore e formale.
Nella serie fotografica “Il Corpo delle cose spezzate”, entrano in relazione diverse tematiche: quella del doppio come ulteriore stadio di coscienza e conoscenza di sé, la forma, l’intero e le sue parti.
Si sviluppa come narrazione un evento personale compiutamente rielaborato e rivissuto, tra parole ed immagini: E’ una meta – storia e una meta – morfosi.
“La via del corpo “
In assenza di gravità come sulla luna
ci sono parti di me possibilità
che prendono il controllo.
Libere
Ridisegnano percorsi
Mutano
Forma e direzione
Sviano deviano
Legano slegano
Imparano la nuova via del corpo.
Il mio essere è un’anomala assenza di gravità.
“Noi siamo del mondo e non semplicemente in esso: anche noi siamo apparenze, proprio in virtù del nostro arrivare e partire, apparire e scomparire; e sebbene provenienti da nessun luogo giungiamo equipaggiati di tutto punto per far fronte a qualunque cosa ci appaia, e prendere parte al teatro del mondo”.
(Hannah Arendt, “La vita della mente”)
Il prossimo ciclo di opere dal titolo Absence (Mutation), è stato presentato alla mostra “In Absentia”,alla XII edizione di Paratissima, presso Torino Esposizioni.
Nell’estratto che segue la definizione di Assenza, oltre la soglia della fisicità e dell’apparenza.
” L’assenza è per definizione mancanza, lontananza, ma non per questo privazione di contenuti e significato. In una società in cui immagini spersonalizzate e nudità sono all’ordine del giorno e dove la mercificazione del corpo si ripropone quotidianamente in ogni possibile forma, diventa urgente andare oltre l’apparenza. La smaterializzazione della fisicità e del dato tangibile spinge a superare la soglia dell’esteriorità. Il corpo perde la sua forma ma, lasciando anche solo alcune tracce, non smette di essere presente nel desiderio, nel ricordo, nel lutto o nella specificità di ogni individuo. L’assenza del corpo non equivale alla mancanza della persona, ma al contrario rende la sua presenza più intima e ragionata, pertanto più forte e significativa.”
(A cura di Laura Bianchessi & Stefania Valleise)
Creare, per me, è un meccanismo utile e funzionale declinabile a moltissimi aspetti della vita umana, un bisogno istintivo di ricerca e scoperta dell’irrazionale che ci circonda e che ci compenetra nella più assoluta e dissoluta anarchia d’intenti, senza la pretesa di farsi speculazione, ergo pensiero.
Preferisco definirmi una body functional artist o human functional artist © e dedicarmi allo studio del funzionamento umano – dell’essere umano nel significato biologico del termine – e delle sue funzioni vitali riferite al presente; essere presente a me stessa e presente al tempo attraverso l’azione del corpo, concentrata sulle sue sensazioni, svincolata dal pensiero e dalla sua azione disgregante.
Mente funzionale: silenzio interiore, stato di flusso, stato di coerenza cardiaco, stato animico, stato d’amore, stato ludico, azione automatica, assenza di sforzo, presenza mentale, qui ed ora, coinvolgimento totale.”
(La coscienza parla, Ramesh S. Balseker)
Creare come
Necessità di vita.
Nutrimento dello spirito.
Appagamento per il corpo.
Visione amplificata.
Funzione vitale
Narrazione.
Incidente
Scintilla
Incendio
Esplosione
Tutto quello che ho chiesto al mio Corpo
Ogni esperienza creativa è vissuta e generata attraverso il corpo, il suo movimento, le sue percezioni che possono essere sollecitate da uno stimolo esterno o interno; il nostro corpo è un vettore e un connettore potente ma anche quanto di più estraneo e mutevole possa appartenerci. Incarnare ogni mio “sentire” a questo meraviglioso “mistero” mi ha permesso di aprirmi, “scorporizzare” la mia esperienza sensibile e di amplificare la mia ricezione.
Il mio sogno più intimo è conoscere ed essere manifesta azione della realtà più autentica di me stessa e non solo, essere “presenza visibile” attraverso un corpo i cui movimenti siano l’evidenza del suo funzionamento.
Il titolo del progetto é esplicativo:“I ask my body to…” il proposito é di mettere in scena la rappresentazione del mistero della trasformazione e del cambiamento, facendone partecipe e parte stessa del processo l’osservatore, coinvolgendolo in un incessante dialogo interiore. La performance è uno schiudersi di moti e ritmi interiori, “sincronie ed asincronie tra corpo e anima, di vissuti personali, memorie e trasformazioni.
C’é il desiderio di tracciare un percorso interiore, di attraversarmi e raggiungermi nelle mie antipodie, le mie dissoluzioni, le mie rinascite.
Ma anche la necessità di accendere l’energia di questo motore (il corpo), ed offrire il combustibile necessario affinché si manifesti il suo potenziale di rivelazione.