Il mio Corpo rituale è il tema che accomuna i seguenti cicli di opere fotografiche: (Mists, Veil, Fragments, The memories of reversed time, L’attendant, Lyc-anthropy) rielaborate attraverso l’uso di particolari textures, per restituire quanto più fedelmente possibile, la patina sbiadita ed opacizzata dei ricordi. Il filo invisibile che le collega è “una notte”, perchè è il buio e la nebbia che le avvolge, ma soprattutto perchè “è una notte” che la mia memoria, ha afferrato e fissato, tenacemente, l’estremità del velo per i sottili filamenti setati; così da non perdersi più al suo risveglio (come il filo di Arianna per uscire dal labirinto).
Notte insonne ed agitata
vampiri assetati e petulanti stordivano le mie carni sfinite.
Mi ritrovò in un bagno di sudore.
Sollevò su di me qualcosa simile ad un tessuto leggero della consistenza di un velo.
Lo muoveva spostando delicatamente l’aria con grazia muta.
Un raggio di luna ricamava in trasparenza i sottili filamenti delle fibre della trama, sempre meno nitida e confusa tra sonno e veglia.
Lentamente non sono più.
Lentamente
La notte dorme. Ora.
Quando riaprii gli occhi al risveglio, lei stava ancora innanzi a me, immobile ed instabile come una statua vivente, a sorreggere il suo peplo.
Mentre usciva dalla stanza vidi una strana scia che la inseguiva…
“Il ricordo è una formula chimica che inverte il tempo.”
MISTS
“Nebbie, un non tempo un non luogo”, è il titolo metaforico del progetto, un percorso visivo costituito da diversi linguaggi e tecniche che si fondono. Un “Itinerario della Percezione”, tra fenomenologia e poesia della visione, che esplora spazi fisici e mentali attraverso le suggestioni di autori che ci hanno parlato della nebbia, ma anche un percorso personale sul percepir-si e l’essere percepiti.
In questa serie di lavori la nebbia è rappresentata attraverso una patina, che antichizza l’immagine mediate l’uso delle texture. E’ una nebbia che si deposita sui corpi nudi e li avvolge – ne smaterializza i contorni indefiniti e ne ridefinisce i movimenti – Intimi e segreti. E’ espressione del trascorrere del tempo e della sua azione.
La nebbia è anche simbolo di cecità, l’impossibilità di estendersi oltre i confini della cortina che innalza innanzi all’uomo il tempo; possiamo osservare ed osservarci solo al di qua con gli occhi del presente.
Un corpo che non si palesa se non attraverso uno sguardo esterno: la capacità di “vedere oltre” il corpo celato (corpo mistico), arrivando all’origine del suo mistero e all’essenza delle sue trasforma_ azioni (azioni di cambiamento).
Nasco-sta
Lacerate acque
Voci che mi chiamano
Le senti le grida gracide ?
Gratitudini ?
Metto la biacca una passata o due uniforma la superficie
Tutto già scritto tutto da riscrivere
Ogni domanda.
Era planare l’utero?
C’erano doglie alla soglia del paradiso?
Reliquiae
Reliquiae nasce per amore. Per amore del bianco. Per amore della carta e delle cose spoglie. Nude. Sepolte.
La serie di scatti che danno vita al progetto sono stati realizzati durante la misurazione del mio corpo (in scala reale) su assemblage di fogli.
Trasferire un corpo: L’atto di riscrivere la sua combinazione segreta e di imprimere come un bassorilievo la sua materia vivente, fra e nelle pieghe delle sue vesti im – mortali.
“Non possiamo lavare via tutto…”
Micro_ narra_ azione fotografica.
Il progetto che presento si ispira alla simbologia delle Irinni o Eumenidi, divinità della mitologia classica, che puniscono chi viola l’ordine morale e vendicano i delitti di sangue.
Si sviluppa come una confessione personale, resa nella forma di testo e immagini.
Il filo conduttore di ogni testo è “l’apparenza” come testimonianza, prova inconfutabile ed evidenza, raccolta di prove e pensieri. Tutto ciò che esprime e regola un codice morale umano condiviso alla luce che, attraverso il linguaggio mediato delle immagini (del corpo – del volto – dell’azione rituale), è manifestazione e interpretazione della giustizia, con i suoi diversi e molteplici volti e mascheramenti, il suo percorso accidentale ad esito casuale. Le immagini sono autoritratti che personificano – le Dee demoniache – come la parte dell’anima ferita mortalmente dalle violenze subite e appaiono sbiadite e lenite solo apparentemente, in quanto emblematiche di una giustizia morale che troppo spesso resta, prima del crimine stesso, disattesa.
Non possiamo lavare via tutto…